SLC CGIL Nazionale

martedì 21 aprile 2009

Volantino Slc-Cgil su accordo separato 15 aprile 2009

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Per la dinamica degli effetti economici dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria, le parti hanno individuato l’indicatore della crescita dei prezzi al consumo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata – in un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. L’indice previsionale sarà elaborato da un soggetto terzo di riconosciuta autorevolezza ed affidabilità sulla base di una specifica lettera di incarico. Lo stesso soggetto procederà alla verifica circa eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale effettivamente osservata, considerando i due indici sempre al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. La verifica circa la significatività degli eventuali scostamenti registratisi sarà effettuata dal Comitato paritetico costituito a livello interconfederale”.

TRADOTTO:

Se l’inflazione (l’IPCA è solo un modo per misurarla) nel 2010 sarà del 2%, di cui però lo 0,5% legato a Petrolio, Gas, materie plastiche, ecc. (aumenti che i lavoratori pagheranno ovviamente con l’aumento della benzina, del riscaldamento, ecc.), gli aumenti salariali potranno essere al massimo dell’1,5%.

Inoltre cosa si intende per “significatività” degli eventuali scostamenti? Che dovranno essere superiori allo 0,3%/0,4% come dice Confindustria? Cioè se lo scostamento è solo dello 0,1%, non lo si recupera?

Per stare all’esempio precedente: l’inflazione cresce nel 2010 del 2%, ma gli aumenti del salario possono essere al massimo dell’1,5% (per via della depurazione). Poi l’anno dopo (2011) si scopre che l’inflazione depurata reale è stata dell’ 1,6%, ma lo scostamento non è significativo e allora non si recupera nulla (alla fine si perde lo 0,6% del proprio potere di acquisto).

I salari con questi meccanismi saranno strutturalmente sempre inferiori all’inflazione reale!

Infine: il soggetto terzo di riconosciuta autorevolezza chi sarà? Si propone l’ISAE. Ma cosa è? L’ISAE è l’Istituto di Studi e Analisi Economica, istituito con D.P.R. n. 374/98 ed opera dal gennaio 1999 sotto la direzione e il controllo del Ministro dell’Economia (cioè del Governo, lo stesso che nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria indica dal 1993 l’indice di “inflazione prevista”).

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Al fine di governare direttamente nel territorio situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’area, i contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria possono consentire che in sede territoriale, fra le Associazioni industriali territoriali e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto medesimo, siano raggiunte intese per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi disciplinati dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria”.

TRADOTTO:

Ogni azienda, con la scusa di prevenire riduzioni occupazionali o con la scusa di favorire lo sviluppo, potrà chiedere deroghe sia sul salario (istituti economici) che rispetto alle norme sull’orario di lavoro, sull’inquadramento professionale, ecc. (istituti normativi). Sarà la giungla, con una rincorsa a pagare sempre meno i lavoratori (o a ridurre le tutele) da territorio a territorio, da azienda ad azienda. Ricattando i lavoratori (“o accetti questa deroga o troverò sempre qualcuno disposto a fare il tuo lavoro a meno”) e di fatto azzerando la funzione del Contratto Collettivo Nazionale che è proprio quella di garantire tutele minime uguali per tutti.

L’unica cosa che l’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria chiede in maniera chiara è che il Governo aumenti la detassazione sul Premio di Risultato. Una richiesta giusta, che alle aziende però non costa niente (si chiede al Governo di mettere i soldi). Di per sé l’accordo non prevede meccanismi per allargare la contrattazione di 2° livello, aziendale o territoriale che sia.

Infatti l’accordo del 15 Aprile 2009, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria, recita: “in coerenza con gli obiettivi individuati in Premessa le parti confermano un modello di assetti contrattuali che prevede: - un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria con vigenza triennale sia per la parte normativa che per la parte economica; - un secondo livello di contrattazione aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori, con vigenza triennale”.

TRADOTTO:

Si potranno fare accordi aziendali o territoriali di 2° livello come è adesso. Se ci sono i rapporti di forza e le condizioni si faranno accordi, altrimenti no. Insomma non c’è nessuna novità su questo punto rispetto all’accordo del 23 luglio 1993. L’affermazione che questo accordo interconfederale porterà automaticamente ad una maggiore contrattazione decentrata è quindi palesemente falsa, a meno che non si intenda che si faranno più accordi a livello aziendale nel futuro, perché si dovranno derogare i diritti minimi previsti dal CCNL (in questo caso siamo anche noi certi che saranno molte le aziende che proporranno nel futuro di sottoscrivere accordi di questo tipo).

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Qualora dopo sei mesi dalla scadenza il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria non sia stato ancora rinnovato, è previsto l’interessamento del Comitato paritetico per la gestione del presente accordo interconfederale per valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordo per il rinnovo del contratto”. Inoltre (cfr. Allegato 1 all’Accordo) “il Comitato procede con deliberazioni nei casi di ritardata conclusione del rinnovo di un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, come previsto al punto 2.4. dell’accordo interconfederale e nell’ipotesi di approvazione di linee di orientamento per i comportamenti dei rispettivi organismi e dei loro rappresentati ai vari livelli”.

TRADOTTO:

Il Comitato interconfederale deciderà, al posto delle categorie e delle delegazioni trattanti di ogni settore, su una mediazione in caso di empasse nel rinnovo del CCNL (con quale conoscenza delle specificità di ogni settore, della sua storia e della vita delle aziende, possiamo immaginare). Inoltre potrà dettare anche gli orientamenti e i comportamenti che il sindacato di categoria, fino al livello territoriale e di azienda, dovranno tenere. Quanto potrà contare un lavoratore, un iscritto al sindacato, una RSU sul proprio posto di lavoro, se poi tanto decide il Comitato Nazionale interconfederale? E perché un’Associazione di Confindustria dovrebbe avere interesse a chiudere presto un contratto nazionale, se sa che poi può sempre contare su un’altra sede, dove si prendono le decisioni (e dove gli scambi possono essere più numerosi, anche su altre materie), diversa dal tavolo negoziale legittimo, quello composto dai rappresentanti dei lavoratori di quel settore?

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