All’interno della contesa per i costi dei programmi Rai che sta animando la stampa, bisogna ricordare che l’azienda vive una seria crisi economica, produttiva e gestionale.
I numeri della Corte dei Conti dicono che quest’anno la Rai ha un passivo in bilancio di 118 mln di euro.
I vertici Rai per il 2011ipotizzano di passare, miracolosamente, ad un attivo di 40 mln, grazie al pessimo Piano Industriale 2010-2012 che, oltretutto, non è stato attuato se non in maniera assolutamente residuale proprio per la sua inapplicabilità ed inutilità.
Va ricordato che, sempre dato della Corte dei Conti, la Rai ha un indebitamento di circa 200 mln verso le banche, anche per portare avanti la digitalizzazione degli impianti (gli stessi che Masi vorrebbe svendere per 300 mln di euro).
Secondo l’ analisi dei bilanci Rai, realizzata da Sergio Cusani nel 2008 (www.slc.cgil.it/details.aspx?id=342) su incarico di Slc/Cgil, tale processo porterà l’azienda, così come è gestita, ad un indebitamento pari a 600 mln di euro entro dicembre 2012.
La Rai è un’azienda che vive in un mercato complesso con la struttura tipica di una fabbrica: ideazione, produzione, gestione amministrativa, infrastrutture; il suo funzionamento ed il suo risultato sono legati, oltre che a ciò che indica il contratto di servizio, alla capacità di ideare e realizzare prodotti di qualità (che sono solo per il 15% di informazione), per aumentare gli ascolti e vendere la pubblicità.
Per le forze politiche invece la Rai è un luogo di massima proliferazione clientelare pur di mantenere vive le rispettive “tifoserie”.
Sfugge che la Rai è una SPA che ha anche l’obbligo di costruire programmi di qualità che abbiano anche un riscontro di ascolti ed economico.
In questa logica manca totalmente l’interesse a cogliere l’evidente differenza, che sta nella qualità dei prodotti, nell’essere intrinsecamente Rai, nel produrre ricchezza che passa tra i programmi di Santoro, Floris, Gabanelli, Dandini, Fazio e la qualità dei programmi e tg proposti da Minzolini, Ferrara e Sgarbi.
Questa differenza però ben la conosce Confalonieri che si è ben guardato dall’affidare un programma, con tali cachet, a queste stesse persone in Mediaset: ma si sa, la Rai per sua costituzione deve digerire tutto, anche le cose peggiori e senza lamentarsi.
A questo quadro sconcertante rispondiamo con una nostra fiduciosa costatazione: la Rai, nonostante la stretta asfissiante del conflitto di interessi, cresce negli ascolti continuando a realizzare prodotti di qualità, e questo semplicemente grazie ai suoi lavoratori, e riteniamo che, sempre grazie ai suoi lavoratori, resisterà all’assedio che il Direttore Generale sta portando avanti da mesi con evidenti sostegni politici.
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