SLC CGIL Nazionale

giovedì 27 ottobre 2011

Comunicato RSU Prod. Roma (CGIL CISL UIL UGL Libersind) Segr. Reg. Snater (26.10.2011)



In difesa della vera Rai

Sparare sulla Rai e suoi dipendenti oggi è facile.
Programmazione inesistente, sperpero di denaro e nomine politiche rendono l’azienda un bersaglio troppo semplice da colpire.
Ma la verità della Rai ha molte facce.
Una verità smentisce un recente articolo di “Libero” che denuncia redditi di 90mila euro per i dipendenti Rai e benefit di ogni tipo, dimenticando che per l’azienda Rai lavorano: personaggi dello spettacolo, dirigenti, giornalisti e “quadri, impiegati ed operai”, come recita il contratto collettivo di lavoro scaduto ormai da due anni.
Per quanto riguarda quest’ultima categoria i redditi sono molto al di sotto di quanto dichiarato.
Ci sono atipici a 500 euro al mese, lavoratori precari a meno di mille euro al mese e un numero cospicuo di dipendenti a tempo indeterminato, padri di famiglia con quindici anni di servizio alle spalle, che sbarcano il lunario con meno di 1400 euro mensili.
E’ vero, alcuni redditi di dipendenti con molti anni di anzianità raggiungono punte di 50-60 mila euro annue, a fronte però di un disagio su turni e orari non indifferente.
La stragrande maggioranza dei lavoratori della Rai fatica ad arrivare a fine mese.
Diverso il discorso per dirigenti e giornalisti, dove organici ancora troppo gonfiati, benefit, nomine continue e redazioni piene di caporedattori hanno il sapore di un’altra epoca e fanno sorridere, se non piangere.
Esiste poi un sottobosco di sprechi difficile da portare alla luce che i sindacati e persino alcuni dirigenti condannano apertamente, che va dalle consulenze inutili, agli appalti non necessari, ai noleggi senza senso.
Ci sono poi inspiegabili e autolesioniste scelte strategiche che vedono una RAI sempre più affossata. Ultimo in ordine di tempo è il caso del programma della signora Dandini cancellato dal palinsesto con la solita litania dei problemi organizzativi, leggi vincolanti, prodotto da realizzare al minor costo. Tutto vero, peccato che le stesse regole non valgano per tutte quelle produzioni che ci vedono realizzare il prodotto insieme ai vari Ballandi, Endemol, Magnolia e appunto Fandango (tanto per citare le più importanti) che non hanno motivo di esistere, perché la Rai può produrre meglio ed internamente.
A fronte di una ricerca estenuante di riduzione di costi sul lato del lavoro, con un’attenzione spasmodica alla diminuzione di turni e di attività produttive (non ottimizzazione, ma semplici tagli e diminuzione delle stesse) gli allibiti ed indignati dipendenti Rai assistono impotenti a sperperi come la rinuncia alla piattaforma satellitare di Sky il cui contratto garantiva decine di milioni di euro nelle casse della RAI, o la commessa di Rai Cinema a Barbareschi, oppure la repentina messa in onda e successiva cancellazione del programma di Sgarbi, la fuoriuscita di Santoro, l’indicibile e fallimentare striscia quotidiana di Giuliano Ferrara, per non parlare della decadenza del Tg1, le redazioni piene di consulenti che devono lavorare al posto dei dipendenti, registi strapagati ai quali vengono affidati programmi di punta e di autori che non sanno neanche scrivere un testo ma sono vicini a qualche personaggio o politico in vista.
Di certo questa gestione aziendale, lenta e confusa, agevola da un lato chi vuole mungere le ultime risorse economiche dell’azienda e dall’altro chi vuole ridurla a un contenitore vuoto per il potente di turno, così che non incida sulla vita sociale e politica del paese attraverso un'informazione e una programmazione d'interesse e di spessore. In tutto questo da troppo tempo, ormai, i lavoratori della Rai cercano di portare verso la società civile il loro malcontento, personalmente e attraverso le OO.SS.
Cosi i lavoratori della Rai sono ostaggio della politica, additati come privilegiati e sotto ricatto economico e da un po’ anche di stabilità. Nonostante l'ormai dilagante sfiducia continuano, con sacrificio, a sostenere il loro impegno lavorativo cercando di dar vita ad un prodotto decente, messo a rischio da scellerate scelte editoriali ed industriali, delle quali, lo ribadiamo, non sono complici ma vittime doppie: come lavoratori che vedono a rischio la loro professione e la fonte del loro reddito e come cittadini che assistono impotenti allo smantellamento dell’azienda e del più grande patrimonio storico e culturale del Paese.
La via d’uscita? Azzardiamo un'ipotesi suggestiva: Lasciare la Rai ai suoi lavoratori o ancor meglio ai cittadini. Risolvere i conflitti di interesse. Via tutte le nomine politiche. 
Governance aziendale tecnica, riconosciuta non dalla politica ma dalla società civile e dal mondo della cultura. Un progetto a lungo termine, questo si della Politica di alto profilo e non dei nostri politici, per il servizio pubblico radiotelevisivo, assieme ad un progetto editoriale serio, curato da esponenti della cultura e non della politica. Rilancio del pieno utilizzo di risorse interne, in particolare dal lato autoriale ed editoriale.
Cosi sarà forse possibile vedere un futuro per la Rai e sicuramente non sarà privatizzandola che l’azienda si salverà dal fallimento… la storia recente e passata ha dimostrato che in Italia privatizzare un servizio pubblico non ne ha migliorato la qualità ma ha portato disoccupazione, sperperi e malfunzioni.
Non è la solita difesa del posto di lavoro bensì la difesa di un diritto, di un’idea e, consentiteci, un ideale!!!

Roma,26 ottobre 2011

RSU Prod. Roma (CGIL CISL UIL UGL Libersind) Segr. Reg. Snater



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